Questo perché il processo di allenamento per il ciclismo in se, essendo costituito da una serie di eventi stressanti concatenati tra loro (allenamenti), deve prevedere durante delle piccole fasi di recupero ed alla fine un recupero più strutturato (tapering) affinchè gli adattamenti positivi avvengano. Quindi recupero attivo o passivo visti non come una perdita di tempo, ma come parte integrante della propria preparazione per ciclismo. Ecco alcuni consigli pratici.
a cura del dott. Alessio Cellini
Quando parliamo di Recupero nel ciclismo ed in ambito sportivo, facciamo riferimento a quella necessità indotta da un lavoro che ha provocato affaticamento, stanchezza, e che va in qualche modo compensata. Il Recupero ha vari aspetti e varie fasi, può interessare la singola seduta, la settimana di allenamento, il mesociclo, il macrociclo, può essere attivo o passivo, e può essere suggerito da alcuni segnali che il corpo ci manda.
Il Recupero all’interno della singola seduta è molto importante e né determina, insieme alle fasi attive di lavoro, la densità. Un allenamento più denso a parità di esercizi, è percepito come più intenso dal nostro organismo (spesso è più lattacido) per questo va inserito in una fase più avanzata di preparazione (più a ridosso delle gare) rispetto ad una seduta con recuperi ampi.
Si misura mettendo in relazione il tempo di lavoro con il tempo di recupero, ad esempio
3:1 (esempio 30’ tempo di lavoro, 10’ tempo di recupero) tipico dei lavori di endurance
1:1 (tempo di lavoro = tempo di recupero) tipico dei lavori di potenze aerobica o misti
1:5 (esempio 1’ tempo di lavoro, 5’ tempo di recupero) tipico dei lavori di potenza anaerobica
1:10 (esempio 10” tempo di lavoro, 100” tempo di recupero) tipico dei lavori neuromuscolari puri
La durata dell’esercizio, ed il meccanismo energetico coinvolto, né determinano il tempo di recupero ottimale
Il Recupero all’interno della settimana di allenamento (microciclo) né determina la struttura costituita quindi da giorni di lavoro alternati a giorni di recupero o riposo.
Questo andamento alternato o a blocchi è funzione degli adatamenti ricercati, delle capacità di recupero dell’atleta e della fase della stagione in cui ci troviamo. Ad esempio in pieno periodo agonistico, essendoci l’evento fisso nel weekend, dovremo per forza optare per una struttura di microciclo con carico centrale (con 1 onda o 2) ed un adeguato recupero nei giorni pre e post gara.
Struttura del microciclo agonistico con evento nel weekend, richiamo del carico centrale e recupero strutturato pre-post evento.
A livello internazionale ormai pesiamo i nostri allenamenti con il TSS (training stress score), da cui derivano indicazioni generali di recupero:
TSS <150 basso – recupero generalmente completo dal giorno successivo TSS 150-300 medio – recupero generalmente completo al 2° giorno TSS 300-450 alto – un certo affaticamento residuo può essere presente anche dopo 2 giorni TSS >450 molto alto – la fatica residua permane più giorni
Anche all’interno del mesociclo di allenamento sono ben presenti, e fondamentale, delle fasi di recupero. In questo ambito ragioniamo solitamente in settimane, e si tende ad alternare 1-2-3-4 settimane di lavoro più intenso (crescente, piatto, decrescente) ad 1-2 settimane di lavoro a carico ridotto, le famose “settimane di scarico”. Queste spesso si fanno coincidere con un evento importante, sperando che il processo di Tapering (riduzione controllata del carico di lavoro) dia degli adattamenti positivi, anche se non sempre e non per tutti gli atleti è cosi.
Il concetto di recupero e lavoro quindi, e di conseguenza quello di Supercompensazione (lavoro – stanchezza – recupero – ripristino su livelli superiori al precedente) applicabile anche al mesociclo.
Principio di Supercompensazione (Jakovlev 1977)
Anche nel macrociclo di allenamento vanno inserite delle fasi di recupero, più ampie (di solito 1-4 settimane), utili per recuperare da mesi preparazione e gara, e porre quindi i presupposti per un nuovo ciclo di lavoro. Questo recupero spesso viene inserito ad agosto e novembre, quindi in periodi magri di competizioni, è solitamente passivo (cioè riposo assoluto) e funge da vera e propria ricarica per l’organismo abituato all’allenamento su base quotidiana. Questa fase, che per molti amatori è vista come perdita di tempo, un regredire, è invece spesso una chiave di successo importante.
Recupero attivo o passivo nel ciclismo…l’importante è che sia recupero! Ovvero nella fase di recupero programmato, non ci dobbiamo preoccupare dell’allenamento.. Quindi recupero attivo (60/90/120’ ad intensità blanda – ciclismo o sport alternativi se muscolarmente “adattati”) o riposo assoluto (quindi passivo) da scegliere in base al livello di allenamento del soggetto, alle proprie capacità di recupero (psicologico e fisico), all’età.
Il recupero passivo è più efficace dal punto di vista mentale (segna uno stacco netto, e spesso ripristina in poco tempo una grande voglia di allenarsi), di ricarica ormonale (non abbiamo nessuno stressor allenante), ma non è ben tollerato da tutti (specie da atleti di alto livello) ed è un po’ delicato da gestire dal punto di vista nutrizionale…
Il recupero attivo è in alcuni casi preferibile (specie all’interno del micociclo di allenamento), mantiene un minimo ponte tra sedute di lavoro importanti, permette un ripristino rapido a livello muscolare, però conserva alcuni aspetti di carico tipici di un allenamento vero e proprio (finestra di tempo rubata a lavoro/famiglia, preparazione completa di vestiario bici ed altro, agenti atmosferici, ecc..) quindi il suo impatto psicologico in alcuni soggetti va anche considerato.
Il recupero va certo programmato a tavolino, ipotizzato in base ai carichi svolti, ma se necessario deve poter essere rivisto ed inserito come un jolly al bisogno. Per fare questo dobbiamo essere abili nell’osservare e valutare gli indicatori principali, ad esempio:
e laddove necessario intervenire su noi stessi, e programmare una fase di repero più o meno ampia.
A livello microscopico c’è un utile indicatore da laboratorio, oggi disponibile a tutti, che ci può dare una informazione in più a conferma o smentita di quanto supposto, la variabilita’ cardica (HRV).
La variabilita’ cardiaca (HRV Heart Rate Variability) e’ un marker elettrocardiografico non invasivo di derivazione clinica (prognostico per importanti patologie cardiache), misura l’intervallo di tempo R-R che riflette le attivita’ delle componenti parasimpatica e ortosimpatica del SNA. Dal punto di vista sportivo consigliamo di analizzare soprattutto il rapporto tra onde ad alta e bassa frequenza (LF/HF, alterazione) ed il valore di HRV (soppressione), ed in questo caso e’ probabile che le condizioni di recupero non siano ottimali (controllo longitudinale).
Esistono ormai app da smartphone e fasce cardio BLE R-R a prezzi accessibili per una autovalutazione casalinga (meglio se con test di durata prossime ai 5 minuti, statisticamente piu’ significative).
Queste app ci danno solitamente un indicatore del recupero giornaliero ed un consiglio sull’allenamento odierno, anche se personalmente e nel nostro modo di procedere preferiamo una vista più medio termine dell’andamento definita una baseline, piuttosto che un movimento giornaliero fuori programma sulla base di una presunta stanchezza (a volte voluta e funzionale..).