La recente rivoluzione del posizionamento dei ciclisti più in voga del momento ha messo alla luce il grande cambiamento tecnico in corso nel ciclismo.
L’utilizzo di pedivelle considerate “corte” da 165 mm anche in atleti con altezza sella superiore ai 70 cm racchiude concetti e considerazioni che meritano di essere approfondite. Andiamo oltre il marketing e cerchiamo di analizzare quando possono essere effettivamente utili e in quali casi sono deleterie.
Come mai nell’ultimo periodo stanno andando tanto di moda le pedivelle corte rispetto al passato?
Sicuramente l’utilizzo di queste pedivelle da parte di campioni del calibro di Pogacar, Evenepoel ecc ha contribuito molto a questa rivoluzione,negli ultimi anni le posizioni in sella dei ciclisti sono cambiate notevolmente a favore di posizioni sempre più avanzate, sicuramente molto prestanti ma che non sempre tengono conto della salute articolare dei ciclisti.
Le pedivelle corte (che poi corte non sono perché dipende sempre dal punto di vista) rendono possibile posizioni avanzate del ciclista rispetto al movimento centrale e sono in linea con i telai moderni con angoli sella aperti, ed i posizionamenti che vedono il ciclista sempre più avanzato (pedalata di quadricipite) e posizioni raccolte (sterzo stretto in utilizzo di presa alta).
La pedivella corta permette la pedalata ad angoli di flessione dell’anca inferiori, questo aiuta a ridurre le compressioni arteriose ed i sovraccarichi articolari oltre all’ottimizzazione dell’accelerazione angolare e della velocità angolare del femore pertanto rappresenta spesso la scelta da preferire.
L’aspetto da sottolineare è cosa si intende per pedivelle corte, le pedivelle da 172.5mm sono corte per un ciclista che pedala a 78/80 cm di altezza sella mentre sono lunghe per un ciclista che pedala a 70 cm di altezza. Questo esempio tiene conto di un solo parametro (altezza sella), immaginiamo ora di aggiungere un secondo parametro come la lunghezza del piede o il rapporto tra femore e tibia, l’introduzione di un secondo parametro potrebbe cambiare la scelta finale.
Quindi immaginando di dover considerare una decina di parametri contemporaneamente possiamo renderci conto della complessità in merito alla scelta delle pedivelle ottimali.
In passato si prendevano in considerazione prettamente gli aspetti antropometrici come l’altezza del ciclista o lunghezza degli arti inferiori, la tabella del professor Haushalter ad esempio collega la lunghezza del femore alla lunghezza delle pedivelle, suggerendo pedivelle da 160 mm per un femore di 30 cm e fino a 177,5 mm per un femore di 46-48 cm.
Oggi la valutazione è più completa e tiene conto oltre dei parametri antropometrici anche delle caratteristiche del movimento e della qualità muscolare del ciclista.
Il parametro principe da considerare a mio avviso è l’aspetto di facilitazione del movimento, pertanto velocità ed accelerazione angolare degli arti inferiori, tale aspetto comprende e racchiude tutti gli aspetti sotto descritti.
Durante la pedalata l’obiettivo è quello di spingere sul pedale, pertanto la scelta della pedivella è l’aspetto primario da tenere in considerazione nel ragionamento del posizionamento, ed è determinante per:
E’ necessario garantire un leveraggio di pedivella che consenta di effettuare le rpm ideali del soggetto (per capacità muscolari) con la minimizzazione di turbe nelle accelerazioni del femore, compressioni arteriose e sovraccarichi articolari. L’aspetto meno significativo sembra quello relativo alla capacità di espressione di forza dato che non ci sono variazioni significative di questo parametro con la modifica di lunghezza di pedivella (1982 Inbar et al).
La lunghezza delle pedivelle consente di agire sulla capacità di contrazione muscolare, eccedere con la lunghezza delle pedivelle comporta un aumento del consumo energetico a parità di potenza ed rpm (McDaniel et al nel 2002.) , e questo è ricollegabile alle oscillazioni prodotte da un eccesso di movimento, pertanto la facilitazione del movimento viene ridotta.
La facilitazione del movimento articolare prevede l’espressione del gesto atletico con le migliori caratteristiche di velocità, accelerazione ed escursione angolare, oscillazioni, inclinazioni e rotazioni corporee.
E’ l’aspetto che viene studiato principalmente dal biomeccanico che effettua *analisi del movimento, mediante lo studio e la centratura di questi aspetti effettua l’affinamento della posizione del ciclista.
Per carico articolare si intende lo stress articolare prodotto dal gesto tecnico, principalmente la compressione rotulea dato che il ginocchio è l’articolazione maggiormente caricata nel ciclismo. La posizione del ginocchio rispetto al pedale rappresenta un aspetto chiave da tenere in considerazione.
Anche in questo caso non esiste una regola fissa dato che le caratteristiche delle strutture anatomiche (per genetica o decorso) tra soggetto e soggetto possono essere diametralmente opposte
Carico muscolare
Per carico muscolare si intende lo stress muscolo tendineo per la produzione di energia. E’ vero che la pedivelle con leva minore consente un aumento di rpm, e questo può portare a pensare ad un minor affaticamento muscolare, ma è altrettanto vero che se non si sceglie la pedivella corretta anche la riduzione eccessiva porta ad un sovraccarico muscolare, sia per eccesso di contrazioni sia per ridotto rom articolare e quindi mancato sfogo dinamico di femore,anche e caviglia durante la spinta.
Il modello prestativo è il gesto tecnico richiesto nella disciplina in esame, pertanto un Cronoman rispetto ad un Biker ha necessità diverse, lo sport cambia completamente e la scelta della pedivella in questo caso potrebbe essere diversa.
E’ bene tenere conto di tutti questi aspetti nel ragionamento che porta alla scelta della pedivelle ottimali, possono proporsi casi in cui sia necessario dare peso alla potenza erogata o l’energia consumata come nei professionisti, oppure a facilitazione del movimento e riduzione del carico articolare in amatori con problematiche fisiche, in tutti casi è necessario fare delle scelte.
Io personalmente tengo conto di tutte le variabili in egual misura dato che ritengo la comodità del gesto un aspetto fondamentale per durabilità e resa atletica.
In linea di principio si, bisogna solo rivedere l’approccio, ridefinire la terminologia e sostituire il termine corto con il termine ottimale.
La riduzione delle pedivelle è sempre possibile perché di fatto non rappresenta un rischio per il ciclista dal punto di vista della salute, ma attenzione a non esagerare, in caso non servisse si andrebbe a compromettere la prestazione.
Ridurre troppo l’escursione femorale in ciclisti con leve che non lo richiedono significa perdere forza di spinta, e lo stesso vale per gli atleti che a livello di capacità muscolare non sono inclini alla pedalata molto agile, mentre per tutti gli altri può rivelarsi una scelta utile.
E’ possibile effettuare dai professionisti del settore test specifici che consentono l’identificazione della lunghezza ideale.
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